Tempi del neurosviluppo e capacità di apprendimento dei bambini
Didattica e tempi del neurosviluppo. Questa combinazione appare sempre di maggiore attualità quando si punta a facilitare la capacità di apprendimento dei giovanissimi. Per il mondo della formazione si apre la strada a un nuovo modo di costruire l’interazione fra docente e alunno.
«Dai grandi padri della psicologia e delle pedagogia -dice Daniela Lucangeli, professore Ordinario di Psicologia dello Sviluppo all’Università di Padova- va recuperato il concetto del “tempo di sviluppo”. Faccio un esempio: se trapiantiamo una pianta nel momento sbagliato dell’anno, la uccidiamo. Questo ci fa capire che cosa sia un “tempo giusto” per fare le cose, una corretta finestra evolutiva. La scuola si è occupata tanto di come ottenere l’apprendimento migliore. Forse non si è preoccupata di come ottenerlo tenendo conto dello sviluppo armonico della personalità. E questo va fatto».
Conoscere i meccanismi del neurosviluppo diventa quindi un approccio fondamentale per accompagnare in modo appropriato il percorso di apprendimento di un bambino.
«Certamente. Le “finestre” del neurosviluppo che abbiamo a disposizione ci indicano che insegnare in un certo modo, in una certa fase evolutiva, consente di ottenere i migliori risultati possibili. Posso certamente imparare a suonare il pianoforte anche da adulto, ma non lo apprenderò mai come quando mi trovo nei giusti processi di maturazione del cervello. La nostra specie ha dei precisi tempi evolutivi, e ci sono momenti di massima plasticità cerebrale, in cui, attraverso l’aiuto e l’educazione , si possono ottenere i risultati ottimali. Quindi, pensare a una scuola che questo non soltanto lo intuisce ma che lo rende eticamente garantito a ogni bimbo, secondo me è oggi indispensabile».
La formazione e l’informazione per gli insegnanti diventa quindi fondamentale.
«Per me –afferma la professoressa Lucangeli- la scuola ha una grandissima importanza. Ogni tanto, durante le conferenze, cito un numero: noi modifichiamo strutture neurolettriche, nel nostro cervello, in millesimi di secondo. La scuola fa qualcosa che si può misurare per millesimi di secondo, per centesimi di secondo, per decimi di secondo, per secondi, per minuti, per ore, per giorni, per settimane, per mesi e per anni che un bimbo sta a scuola. E’ un numero infinito che misura cosa la scuola può fare per il futuro di ogni individuo. Quello è un parametro che io adopero per trovare l’aspetto che non è soltanto professionale, ma di umanitas, che in qualche modo fa la differenza. L’insegnante che vuole, può fare la differenza».