Consigli pratici su come prendersi cura della propria energia vitale
Le origini di una pratica ancora utile in tempi moderni
Il trattamento dell’addome è una pratica antichissima, originaria del Giappone, ma che condivide radici ancora più remote con alcune forme di massaggio cinese. Dell'anpuku si trova la descrizione più autorevole in un libro pubblicato nella prima metà dell’ottocento ad opera del maestro giapponese Shinsai Ota. Egli ne metteva in risalto l’efficacia e l’importanza nel trattamento di diverse problematiche.
Il trattamento dell'addome trova applicazione in numerose delle condizioni di disarmonia energetica che si possono tradurre in disturbi anche di una certa intensità. Come qualunque altra applicazione di medicina tradizionale cinese (MTC), poiché si fa riferimento all'energia (Qi), i suoi principi ed anche le sue indicazioni terapeutiche risultano sempre di difficile interpretazione in chiave occidentale. Per esempio in MTC non si parla di stipsi, ma di una specifica manifestazione della stasi del Qi. Tuttavia, pur sapendo di semplificare vista l'impossibilità di fare un elenco esaustivo, attraverso questa pratica si potrà ottenere:
- un miglioramento dell'elasticità della gabbia toracica
- l'attivazione della funziona digestiva (digestione lenta)
- l'abbassamento del livello di acidità dello stomaco (ristagno cibo a livello epigastrico)
- l'attivazione della funzione intestinale, cioè in caso di stipsi
- la gestione di sindromi dolorose a livello lombare
- la regolarizzazione del ciclo mestruale
- il rafforzamento dell'intestino (in caso di prolasso)
- la riduzione degli stati di agitazione e dell'irritazione
Perciò anche un mal di schiena può trovare giovamento dopo un massaggio dell’addome praticato da mani esperte. Proprio così, ci vuole l’esperienza di chi ha sviluppato la sensibilità dell’ascolto. Naturalmente ci vuole anche una certa disponibilità ad ascoltarsi. Chi riceve non è mai passivo, anche se la ricerca del benessere nell’immaginario collettivo è sinonimo di rilassamento e di abbandono. Invece, in questo caso è più che suggerita una certa partecipazione, che può facilitare anche il rilassamento.
Riattivare l'energia che scorre lungo i meridiani (Qi) consente di disperdere eventuali ristagni energetici che potrebbero manifestarsi per esempio con una congestione linfatica o d'organo.
E se quel mal di schiena ci procura tensione e fastidio, manifestandosi per esempio con una deambulazione difficoltosa, o la stipsi (le feci caprine sono un evidente segno di Qi stagnante) ci rende nervosi e i pensieri annebbiati, una volta risolto il problema, il corpo e la mente possono finalmente permettersi un po’ di tregua: un po’ di meritato riposo.
Perché l’Anpuku?
Nell’addome si trovano tutte le zone riflesse del corpo. Con il solo Anpuku è possibile svolgere un trattamento completo, stimolando tutti i meridiani e tutte le zone nelle quali si manifestano. Inoltre, proprio grazie alle zone riflesse dell’addome, l’operatore è in grado di svolgere una vera e propria valutazione energetica con la quale impostare un trattamento specifico.
Questo tipo di trattamento agisce su più livelli nello stesso momento (organi, sistema nervoso, linfatico, circolatorio, eccetera). Ma è quello energetico dei meridiani il sistema che ci interessa maggiormente. È il livello oggetto dell’osservazione e della stimolazione adottate da questa antica tecnica.
L’Anpuku, noto anche come “massaggio dell’hara”, con le sue pressioni lente e tenute, fatte al ritmo del respiro, permette di reindirizzare il flusso del Qi (energia che scorre lungo i meridiani) a seconda della necessità tonificando le zone in vuoto o disperdendo quelle in pieno (rispettivamente denominate kyo e jitsu). Un trattamento ben condotto consente, già in soli 30-45 minuti, di riattivare la capacità di riequilibrio energetico del corpo, predisponendolo all'assorbimento del “Jing”, il principio vitale primordiale, quello ricevuto al momento del concepimento, poi tesaurizzato, maturato e in fine consumato nel corso della vita. Naturalmente l'indicazione è quella di ripetere il trattamento più volte e con una certa regolarità per ottenere risultati più profondi e duraturi.
Come in qualunque tecnica shiatsu, la pressione va portata in maniera perpendicolare alla zona di trattamento, progressivamente sempre più profonda e per una certa durata. È una danza fra il respiro dell’operatore e quello della persona trattata (cosiddetto Ukè), dove è quello del primo a “condurre” il secondo. Poco alla volta anche le fasce muscolari dell’addome si ammorbidiscono, l’energia ricomincia a fluire e un ritrovato stato di benessere e una sensazione di profondo rilassamento affiorano.
Questa pratica, in mancanza di un operatore esperto, può essere fatta anche sotto forma di autotrattamento.
Come? Ve lo spiego nel prossimo articolo.