Cibi non sani potrebbero compromettere le facoltà cognitive dei nostri ragazzi, così come una diagnosi psicologica errata.

È svogliato, poco attento, si distrae facilmente, oppure il classico ritornello “è un bambino intelligente, ma non si applica”. Capita talvolta di sentire a scuola frasi simili riferite ai nostri ragazzi. Di fronte a queste sentenze, ci sentiamo spesso impreparati a trovare soluzioni adeguate per i nostri figli che vadano oltre lo spronarli a impegnarsi di più promettendo allettanti ricompense o viceversa sacrosante punizioni. Presi dallo sconforto dimentichiamo che la voglia di apprendere nasce dal piacere della relazione, che imparare è innanzitutto un coinvolgimento emotivo basato su sentimenti ed esperienze. Ogni valido percorso educativo deve partire da questa fondamentale consapevolezza così come dalla coscienza che corpo e mente non sono separati e che i fattori ambientali e fisiologici possono incidere in modo significativo sull’umore e le abilità cognitive.

Vi sono anche alunni che incontrano difficoltà a causa del loro maggiore acume. Si stima che circa l’8% degli scolari possieda un quoziente intellettivo al di sopra della media. Appaiono talora irrequieti, si annoiano in classe o sembrano distratti – aspetti che possono essere scambiati con qualche disturbo o patologia, come l’ADHD (sindrome da deficit di attenzione e iperattività) – e in certi casi vengono costretti addirittura ad assumere psicofarmaci, con il risultato di soffocarne i talenti e render loro problematiche vita e relazioni.

Alcuni studi in campo biologico-nutrizionale di questi ultimi anni hanno evidenziato come determinati alimenti possono condizionare, in senso positivo o negativo, le funzioni intellettive e la capacità di apprendimento. Ciò si riflette di conseguenza, nel caso di bambini e ragazzi, anche sul loro rendimento scolastico. Nel 2011 ricercatori inglesi confrontarono le abitudini alimentari di migliaia di famiglie e scoprirono una differenza di ben 5 punti nel QI a favore dei bambini che consumavano pasti sani e preparati in casa rispetto a quelli che si alimentavano con cibi industriali preconfezionati1. Il gap cognitivo fu evidenziato a parità di altre variabili importanti, di cui gli scienziati tennero accuratamente conto, come l’ambiente domestico e il livello socio-culturale dei genitori.

Sotto accusa sono soprattutto quegli alimenti, definiti in nutrizione anche “calorie vuote”, ricchi di grassi idrogenati e zuccheri, ma carenti di principi nutritivi: vitamine, minerali, aminoacidi e fibre. Spesso si tratta di prodotti, commercializzati da grosse multinazionali e promossi attraverso le catene dei fast food, come merendine, bibite, snack, caramelle che contengono vari tipi di additivi, coloranti, conservanti e dolcificanti. Poiché lo sviluppo cerebrale è molto veloce in età infantile, alcuni deficit causati da un’alimentazione inadeguata in età precoce potrebbero essere difficilmente recuperabili nelle successive fasi della crescita e tendere a cronicizzarsi. Mancando sufficienti quantità di vitamine, aminoacidi e altri nutrienti essenziali, il cervello non riuscirebbe, secondo gli scienziati, a raggiungere lo stadio di sviluppo ottimale.

Uno studio condotto dall’UCLA (Università della California) ha mostrato come il consumo di alte quantità di dolcificanti, utilizzati nell’industria alimentare per preparare bibite, succhi e altri alimenti per l’infanzia, possa interferire con l’attività sinaptica e compromettere le facoltà cerebrali2. Dalla sperimentazione è emerso che i bambini che assumevano frequentemente cibi confezionati, ricchi di zuccheri, pensavano in modo meno chiaro e avevano maggiori difficoltà ad apprendere, risolvere problemi e memorizzare le informazioni. 

È importante perciò, per proteggere l’intelligenza dei nostri bambini, evitare il più possibile l’uso di alimenti non sani e in ogni caso limitarne i danni introducendo nella dieta cibi ricchi di principi nutritivi che sostengono il sistema neurologico e il cervello, come ad esempio le microalghe selvatiche e gli omega-3, acidi grassi presenti soprattutto nel pesce e nei semi oleaginosi. Speciali formulazioni a base di estratti algali che concentrano un ampio spettro di micronutrienti e derivati naturali degli omega-3 (DHA) immediatamente biodisponibili possono integrare utilmente i pasti dei nostri ragazzi fornendo loro un adeguato supporto nutrizionale.

1. K. Northstone, C. Joinson, P. Emmett, A. Ness, T. Paus Are dietary patterns in childhood associated with IQ at 8 years of age? A population-based cohort study. Journal of Epidemiology & Community Health 2011 February School of Social and Community Medicine, University of Bristol, Bristol, UK.
2. Agrawal R, Gomez-Pinilla F. ’Metabolic syndrome’ in the brain: deficiency in omega-3 fatty acid exacerbates dysfunctions in insulin receptor signalling and cognition. J Physiol (Lond). 2012;590 (Pt 10):2485-99.

Scritto da Luigi Gallo

Luigi Gallo svolge attività di consulenza e formazione per professionisti, associazioni e aziende che operano nel campo del benessere integrato. In oltre 40 anni di intensa attività educativa e divulgativa, collaborando con enti pubblici, scuole, ospedali e istituti di ricerca, ha contribuito a sensibilizzare sempre più vaste platee di operatori e consumatori ai temi della prevenzione e dello stile di vita.

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