La meditazione esistenziale e l'importanza di fermarsi per ritrovarsi

Nel precedente articolo abbiamo scoperto che cos'è la meditazione esistenziale. Leggi la prima parte dell'articolo.

Oggi parleremo della pratica meditativa.

Nella pratica meditativa si entra in uno spazio ricettivo dove si sospende ogni giudizio.

Tale modalità può essere utilizzata in qualsiasi momento, anche se non si assume la posizione canonica del meditante, ma ogniqualvolta “semplicemente” si decide di stare in una situazione con un atteggiamento di connessione, apertura, scambio e dialogo.
Se al cospetto di un amico che esprime una valutazione che non condivido, anziché reagire, chiedo delucidazioni per comprendere meglio quanto lui ha affermato, ciò vuol dire che sono entrato in uno stato meditativo.
Tutte le volte che interdico la reazione egoica e chiedo chiarimenti per aprirmi all’altro, sto meditando.
Tutte le volte che chiedo all’altro che cosa pensa, e con il suo pensare mi confronto, ciò vuol dire che vivo l’esperienza della ricettività meditativa.
Perché ciò accada occorre che impari a transitare dall’intransigenza all’indulgenza, evitando ogni forma di autocensura, biasimo dei miei limiti e sabotaggio.
Se sono terribilmente in ansia e condanno la mia ansia, questa aumenta, ma se mi fermo ad “osservare” l’ansia, questa può svelare a me qualche cosa di inedito, può mostrarmi che ormai da troppo tempo sto nel mondo con un’identità fittizia.
Le nostre emozioni vanno riconosciute, accolte con benevolenza, rispettate.
È vero che vi sono emozioni che non ci aiutano a cambiare, ma è altrettanto vero che ogni emozione è un cartello segnaletico di fondamentale importanza che, se correttamente accolta, ci consente di rintracciare bisogni e sentimenti autentici.
In questa accezione, la meditazione esistenziale, essendo “pratica della consapevolezza”, va attuata tutti i giorni e tutto il giorno, ventiquattro ore su ventiquattro (Osho, 1970). La si può praticare sempre, mentre si lavora, si mangia, ci si diverte, mentre si parla con gli amici, mentre si cammina.
Basta semplicemente che impariamo ad essere testimoni del nostro esserci.
Per chi medita, niente è insignificante o banale.
Anche l’azione più semplice percepita nella consapevolezza, ha un estremo valore.


FERMARSI PER RITROVARSI
Quando non ho più niente da perdere ho ottenuto tutto.
Quando ho cessato di essere chi ero, ho ritrovato me stesso.
Paolo Coelho

Quando fa breccia la paura, ricordiamoci che questa non va né controllata, nè rigettata, né evitata; anch’essa, se sappiamo metterci al suo cospetto, è un’opportunità talvolta necessaria per intraprendere nuove strade e ritrovarci.
Prima di agire dobbiamo sempre recuperare il coraggio di accogliere ciò che temiamo o rifiutiamo.
Questo vale anche per i nostri difetti.
Non serve lottare contro la nostra insicurezza.
In un momento in cui tutto sembra che vada storto, possiamo, se sappiamo rallentare o fermarci, creare uno spazio più ampio per intravedere in esso nuove opportunità.
Cercando ostinatamente di sentirsi più sicuri, felici, appagati, controllando, evitando, distraendosi o catapultandosi in un fare caotico, frenetico e compulsivo, non si ottiene nulla.
Il volere insistentemente qualcosa di diverso per sentirsi più sicuri, è una forma di ostinazione simbiotica, una “nostalgia della madre” che nell’illusione di una sua permanente protezione, ci vorrebbe liberare dalla paura, ma in realtà ci rende sempre più iniqui, negligenti, ottusi.
L’insistenza nel volere “sentirci al sicuro”, buoni e bravi oltre ogni limite, non produce nulla di buono.
Occorre imparare ad essere perseveranti nell’impegno, senza diventare frenetici e ostinati.
La roccia non è fertile.
Per evolvere e rinascere talora occorre trovare il coraggio psicologico di rallentare, fermarsi, ritirarsi, se necessario.
Il nostro fiorire è come un seme che entra silenziosamente nel terreno e accoglie con l’avvento della primavera il mistero della sua nascita.

Scritto da Franco Nanetti

Docente e Direttore del Master in “Mediazione dei conflitti” presso l’Università di Urbino, psicologo, psicoterapeuta, counselor clinico, formatore e saggista, impegnato da anni ad approfondire tematiche inerenti un’integrazione tra psicologia e spiritualità,  nella ricerca di una comprensione degli stati evolutivi della coscienza e di percorsi di guarigione profonda.

Articoli che potrebbero interessarti

Psicologia e Spiritualità
Psicologia e Spiritualità
Psicologia e Spiritualità
Fitoterapia
Fitoterapia
© 2024 Istituto di Medicina Naturale srl P.IVA 02622350417 - Website made with by Lorenzo Giovannini